Città:
Milano
Anno:
1909
Liutaio:
Leandro Bisiach
Da “
Il Museo della Musica” di Artemio Versari
Questo strumento che riscosse a suo tempo molte simpatie presso i musicisti ed i dilettanti di musica, non è che una normale viola usualmente a 6 o 7 corde provvista, di un ugual numero di corde di risonanza. Tese a media distanza fra le corde dell’archetto e la tavola armonica, le corde di risonanza vibrano per simpatia, cioè entrano in vibrazione quando sono sollecitate dalle vibrazioni prodotte dalle altre corde. Ne deriva una maggiore risonanza ed una notevole dolcezza di suono.
La viola d’amore apparve sul finire sel Seicento e godette di notevole popolarità fino almeno al tardo Settecento.
Il principio delle corde simpatiche venne applicato a viole di diverso formato, da braccio e da gamba. Si creò dunque una vera e propria famiglia, ai cui componenti vennero dati nomi particolari, come nel caso della viola d’amore da gamba, detta viola pomposa. Non è certa l’origine del termine d’amore. E’ stato indicato come motivo di derivazione possibile, la testa dell’amorino scolpita alla sommità del cavigliere. Altri hanno suggerito, con riferimento all’impropria origine orientale delle corde di risonanza, che viola d’amore sia una corruzione di viola de’mori.
Da “
Il Museo della Musica” di Artemio Versari
Leandro Bisiach fu senza alcun dubbio uno dei liutai più creativi e geniali del suo tempo. Dotato di grande carisma e spiccata personalità, dopomun breve apprendistato presso il laboratorio degli Antoniazzi fondò una ditta che acquistò rapidamente fama nazionale ed internazionale per la produzione ed il commercio di strumenti di ogni tipo. Ebbe come collaboratori i figli Andrea, Carlo, Giacomo e Leandrino, oltre a diversi liutai lombardi e di altre regioni.
Da “
La grande Liuteria Italiana” di Artemio Versari
Come si è detto gli Antoniazzi ebbero strettissimi legami con i Bisiach, una famiglia che ha reso Milano uno dei centri liutari più importanti della storia moderna.
Nato a Casale Monferrato nel 1864, Leandro Bisiach studiò da violinista, appassionandosi ben presto alla liuteria.
Conosciuti gli Antoniazzi decise di trasferirsi a Milano attorno al 1886. Il rapporto che strinsero allora fu molto importante: da una parte la sua naturale capacità in campo commerciale e dall’altra l’esperienza liutaria di Gaetano Antoniazzi e dei suoi figli produsse un connubio molto fecondo.
Il laboratorio di Bisiach divenne presto celebre e ricercato dai musicisti più importanti. In quel periodo ebbe diverse sedi a Milano. Nel 1916 il conte Chigi Saraceni lo volle a Siena per allestire un museo di strumenti collegato a un laboratorio di liuteria. Per breve tempo tornò a Milano, prima di ritornare a Siena per un paio d’anni. Si ristabilì definitivamente a Milano nel 1922.
Riaprì il laboratorio cambiando spesso sede fino agli inizi degli anni Trenta, quando decise di lasciare il campo ai figli. Si ritirò a Venegono vicino a Varese dove continuò a commerciare e restaurare strumenti fino alla morte che lo colse nel 1945. Il suo laboratorio fu uno dei più importanti d’Italia e contribuì in modo decisivo alle sorti della liuteria italiana, formando una grande quantità di artifici di ottimo livello.
Suoi collaboratori furono, oltre agli Antoniazzi, Gaetano Sgarabotto, Giuseppe Ornati, Ferdinando Garimberti, Igino Sderci e molti altri. I suoi laboratori erano piuttosto articolati e offrivano strumenti nuovi, copie, strumenti antichi e servizi di restauro e manutenzione.
Ebbe relazioni con i più importanti commercianti italiani ed esteri. Fu premiato in diverse manifestazioni (Londra 1895, Atlanta 1895-96, Torino 1898, Parigi 1900, Milano 1906, Bruxelles 1910).
Gli strumenti posteriori invece, nonostante supervisionasse sempre la finitura, sono più difficili da identificare dato il grande numero di liutai che lo hanno aiutato.
Utilizzò molti modelli diversi, principalmente Stradivari, Guarneri, Balestrieri, Guadagnini, Gagliano, Ceruti e altri ancora.